top of page

La storia dei corsi d'acqua

Senza l'acqua non ci sarebbe vita

 

L’acqua scorrendo nelle depressioni naturali del terreno, nel tempo con l’erosione si è creata dei percorsi, confluenti poi in altri aventi maggiori dimensioni,  formando così come una rete atta a portare via dal territorio l’acqua in eccesso. Considerando la loro larghezza e profondità, in seguito furono poi denominati Rivi, Torrenti,  Fiumi, e a ciascuno venne dato un nome proprio.

Da sempre l’uomo ambiva il possesso di acque o il dominio  su di esse, principalmente per la risorsa alimentare che si traeva da esse con la pescagione.

Con il diffondersi, nel XI secolo, dell’uso delle ruote azionate dall’acqua, diventò imperativo per i governanti poter disporre di questa forza motrice, specialmente per la molitura dei grani.

Per il controllo delle acque correnti vennero allora costruite opere di sbarramento, e anche scavati canali per un maggior sfruttamento di esse.

Situazione del Banna e di altri corsi d’acqua prima del 1448

 

A valle di Santena il torrente era denominato Broglia, e dopo Aigotta si divideva in due rami: Broglia grossa e Broglietta.

La Broglia grossa aveva come affluente in sponda destra il Rivo Tepice, proveniente dal territorio chierese. Il ramo minore detto Broglietta, aveva come affluente in sponda sinistra il Po morto, il quale prima di Villastellone  riuniva le acque del Canale di Borgo a quelle del Rivo Stellone.

Tutte queste  acque  confluivano  nella Broglia grossa prima che essa sfociasse nel fiume Po. Tutti questi corsi d’acqua  che drenavano vasti territori, avevano alvei poco profondi, e percorsi molto tortuosi che impedivano il rapido deflusso delle acque con periodici allagamenti di vaste zone circostanti.

Il mulino di Galleto

 

Il Consiglio Comunale di Chieri, il 18 ottobre 1448, deliberò di costruire il Mulino di Galleto o Gallè sulla Broglia grossa. Avendo fatto accordi con il Duca Amedeo

di Savoia e poi con il Marchese di Saluzzo, avevano il diritto di usare le acque del Po morto dopo i mulini di Villastellone.

Per garantire un flusso di acqua sufficiente e costante alle ruote del nuovo mulino, tenendo in conto i periodi siccitosi, oltre ad apporre uno sbarramento sul ramo   Broglietta, scavarono un canale da Villastellone fino al nodo dell’Aigotta, allo scopo di immettere nell’alveo della Broglia parte delle acque del Po morto. Ma immettendo  acque nella Broglia al nodo dell’Aigotta, aumentarono gli allagamenti di vaste zone anche a monte, i quali causavano danni sempre maggiori essendo sempre in aumento le zone circostanti che da boscose diventavano coltivate.

Il canale di restituzione delle acque del mulino fu scavato in modo da raccordare un’ansa della Broglia, e il territorio risultante circondato da acque fu in seguito indicato come “l’isola”.

Interventi sul Banna e Po morto per ridurre le alluvioni

 

In seguito alle ripetute istanze dei proprietari dei terreni che periodicamente subivano alluvioni, il Re Carlo Emanuele III, con Regie Patenti del 9 agosto 1765, ordinò uno studio sul Torrente Banna e sui territori  interessati dagli eventi alluvionali.  Venne incaricato il perito Francesco Mattei, il quale per ottenere un rapido deflusso delle acque  progettò   lo scavo di un canale rettilineo dall’Aigotta fino al Po per le acque del Banna, e di un’altro canale rettilineo per il Po morto da Villastellone fino al nuovo canale scavato per il Banna.

Il progetto Mattei, per evitare rigurgiti e un  sicuro deflusso delle acque del Banna,  al nodo dell’Aigotta prevedeva la separazione di queste acque da quelle provenienti da  Villastellone attraverso il Canale dei Molini. I due canali previsti furono scavati e mutarono notevolmente l’idrografia esistente. Parte del vecchio alveo del Banna diventa solamente  alveo del Rio Tepice, e sfocia direttamente nel Po. I due Canali scavati sono  tuttora funzionanti.  Oggi il Canale dei Molini da Villastellone a Gallè è inattivo.

bottom of page